Un giardino fiorito di lana e seta
Questo affascinante arazzo millefleurs, tessuto in lana e seta, è caratterizzato da un medaglione posto al centro di un fitto campo di piccoli bouquet su un fondo dai toni caldi. Il medaglione è composto da un serto floreale con frutti, nastri e mascheroni, che racchiude un paesaggio montano con boschi, un castello, un piccolo villaggio e una coppia di cortigiani in primo piano.
Il termine francese millefleurs si riferisce ad una categoria di arazzi caratterizzati da un fondo costellato da migliaia di piccoli fiori che spesso circondano scene profane o allegoriche. Il tema si riferisce all’ideale del ver perpetuum, cioè la primavera eterna (Giardino dell’Eden). Si ritiene che questa tipologia di arazzi sia nata originariamente nella Loira francese per poi diffondersi rapidamente e affermarsi nelle Fiandre, fra Bruges e Bruxelles. Fra i più celebri millefleurs si possono indubbiamente citare gli arazzi del ciclo della Dama con l’Unicorno, oggi al Musée Cluny di Parigi.
L’importanza e la celebrità di questo tipo di arazzi è documentata dalla metà del Quattrocento fra i nobiluomini italiani, inglesi e spagnoli e persiste durante tutto il Cinquecento (Demarcel 1999). Tessitori itineranti fiamminghi e francesi produssero i millefleurs anche in Italia: una bottega ferrarese diretta da tessitori fiamminghi, voluta intorno al 1445 da Lionello d’Este, ne è certamente la testimonianza più importante.
Tra le numerose testimonianze iconografiche della diffusione italiana dei millefleurs spicca senz’altro l’Ultima Cena dipinta da Leonardo da Vinci nel Refettorio di Santa Maria delle Grazie a Milano (1496-1498): sui lati si scorgono, seppur danneggiati dal tempo come tutta l’opera, otto arazzi millefleurs, come conferma anche il Cenacolo dipinto più tardi dal suo allievo Giampietrino (1520 circa, oggi ad Oxford).
Tornando al millefleurs qui presentato, la densità dei fiori e il confronto con altri esemplari noti permette di attribuirlo alle manifatture di Bruges. Una Coppia di arazzi con un cartiglio centrale raffigurante la Storia di Abramo, collocato su uno sfondo simile a quello del nostro, reca non casualmente il marchio della città di Bruges sulla bordura esterna: nel 1544 era stato infatti emanato un editto imperiale che imponeva l’apposizione del marchio della città e dei nomi dei tessitori e ciò costituisce un importante data post quem (Delmarcel and Duverger 1987; Delmarcel 1999).
Similmente, si possono confrontare gli arazzi millefleurs con gli stemmi dei Giovio di Como (oggi conservati al Victoria and Albert Museum e datati 1540-55: Adelson 1994) e alcuni frammenti di una serie destinata al tribunale di Bruges, realizzata intorno al 1528-1530 da Antoon Segon su disegni di Lancelot Blondeel e Willem de Hollander o Joost van Beke (Delmarcel e Duverger 1987; Delmarcel 1999). E oltre a questi possiamo aggiungere anche un bell’arazzo millefleurs conservato al Metropolitan Museum di New York.
Infine, si possono avvicinare al nostro esemplare: un arazzo con sei medaglioni su uno sfondo molto simile (Göbel 1924, fig. 253), così come un frammento, proveniente dal C.S. Wadsworth Trust, venduto dalle Gallerie Parke-Bernet di New York nel 1948: quest’ultimo presenta un medaglione racchiuso in una ghirlanda identica a quella dell’arazzo qui proposto, e per di più reca anche i medesimi stemmi: ciò significa che, molto probabilmente, i due arazzi appartengono alla medesima serie.
ARAZZO MILLEFLEURS
Bruges
Lana e seta
1550 circa
cm. 155 x 259
Provenienza: Comtesse de la Roche-Aymon, Paris; Arthur Curtiss James; Parke-Bernet Galleries, New York, 13-14 novembre 1941, lot. 392; Italia, Collezione Privata; Christie’s, London, 10 ottobre 1998, lot. 241.
Riferimenti: H. Gobel, Tapestries of the Lowlands, New York, 1924, fig. 253; Parke – Bernet Galleries, New York, vendita all’asta, 11 dicembre 1948, lot. 46; Delmarcel e E. Duverger, Bruges et la Tapisserie, catalogo della mostra, Bruges, 1987, pp. 184,188-189, fig. 3/8 e 3/9; C. Adelson, European Tapestry in the Minneapolis Insitute of Arts, Minneapolis, 1994, fig. 50; G. Delmarcel, Flemish Tapestry from the 15th to the 18th century, Tielt, 1999, pp. 180-181.
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