Un elegante manichino devozionale italiano

La tradizione delle statue devozionali vestite e ingioiellate risale all’Antichità, sopravvive nel Medioevo e si intensifica, fra il Cinquecento e il Settecento, sia in Italia che in tutta l’Europa cattolica. Fra Rinascimento e Barocco, le attestazioni sono ampie e articolate, seppur con esiti non sempre artisticamente ed esteticamente convincenti.
Non mancano naturalmente, come nell’esempio qui presentato, figure intagliate da scultori di alto livello; queste sculture devozionali, ancorché di qualità, venivano molto spesso scolpite e rifinite solo nella parte superiore e finemente policromate nelle parti in vista (volto, decolleté e mani), in quanto nascevano per essere abbigliate.

La parte inferiore della figura (gambe e piedi) consisteva invece in una semplice armatura troncoconica a stecche, adatta a sostenere il peso della sottana, sulla quale poggiava il busto, fissato con gancetti alla base – per essere distaccabile – e dotato di braccia articolate, secondo una modalità ricorrente a partire dal Seicento.
Qui, la posa elegante, l’espressione dolcissima, lo sguardo serafico e rivolto in avanti (gli occhi sono in pasta vitrea), la raffinatezza delle mani, sono tutti segnali di un eloquente e attento naturalismo: la mano destra regge un grano azzurro fra il pollice e l’indice mentre la sinistra, col palmo rivolto verso l’alto, sosteneva probabilmente l’altro capo di un rosario. È dunque verosimile che, una volta vestita, questa scultura rappresentasse una Madonna del Rosario, secondo un’iconografia molto diffusa in Italia centrale e settentrionale: la grande devozione per la Madonna del Rosario portò infatti alla nascita di numerose confraternite dedicate, che spesso furono le committenti di questo tipo di figure.

Madonna del Rosario, San Carpoforo (Delebio-Sondrio), Inizi XVIII secolo (particolare)

L’interesse di queste particolari sculture, che raffigurano prevalentemente figure femminili (Madonne o Sante), non è esclusivamente artistico e devozionale ma anche etnografico, antropologico, sociologico, storico e teatrale. Ad esempio, il rito della vestizione era appannaggio di poche donne privilegiate, che spesso si tramandavano per via familiare questo ambito compito. Queste statue da vestire sono oggi ancor più rare ed interessanti anche perché sappiamo che, nella prima metà del Novecento, molte di loro sono andate disperse: i vescovi, preoccupati per il decoro e il contrasto della superstizione, ne impartirono la sostituzione, ma spesso i fedeli, in accordo coi parroci, ne nascosero un buon numero per risparmiarle al loro controllo.

A destra : Giorgio De Chirico, Il Grande Metafisico, 1917. Collezione Privata

Il fascino di queste sculture “viene dal convergere in questi oggetti di molteplici processi del nostro rapporto con la dimensione vitale del sacro, un rapporto millenario e consustanziale alla storia dell’umanità, che diventa domestico, quotidiano” (Bortolotti 2011); inoltre, al nostro occhio contemporaneo, esse acquisiscono una particolare allure metafisica che ricorda le atmosfere sospese di due grandi pittori italiani del Novecento: De Chirico e Carrà.

FIGURA DEVOZIONALE
Legno policromo
Italia settentrionale
Fine XVII – inizi XVIII secolo
Cm 38 x 85h

RiferimentiIn confidenza col sacro. Statue vestite al centro delle Alpi, catalogo della mostra a cura di F. Bormetti, 2011, fig. 11, pp. 272-275; L. Bortolotti, Vestire il sacro. Percorsi di conoscenza, restauro e tutela di Madonne, Bambini e Santi abbigliati, 2011.

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