Un Capolavoro Rinascimentale in Ferro e Oro

Questa splendida cerniera da borsellino è un esemplare molto raro di una tipologia di oggetto poco conosciuta. Si tratta di una chiusura per scarsella, cioè la borsa che serviva ai nobiluomini, ai banchieri, ai cambiavalute e ai mercanti -rigorosamente uomini- per contenere denaro, ma anche chiavi, lettere e documenti o il fazzoletto bianco, accessorio imprescindibile del gentiluomo adulto; sicuramente la scarsella era un simbolo del potere e dell’importanza della persona che la indossava. Non aveva manico o tracolla ma si appendeva per mezzo di ganci metallici alla cintura e si indossava sul lato destro; inoltre, era spesso coordinata con la fibbia della cintura e con l’elsa della spada, che invece si teneva a sinistra.

1. Alessandro Allori, Ritratto di Tommaso de’ Bardi, 1560 circa, Sotheby’s 2014, particolare.
2. G. Mazzola Bedoli (ca. 1505 – ca. 1569), Ritratto di un giovane della famiglia Bracciforte, 1560 circa, Rochester (NY), Memorial Art Gallery, inv. 76.13, Marion Sutton Gould Fund

Sin dal medioevo, la scarsella è formata da una sacca di pelle o di velluto e chiusa da una montatura in metallo, in bronzo o più spesso in ferro; forme leggermente diverse erano usate dai cacciatori e dai pellegrini. Esistono diversi dipinti e ritratti di gentiluomini che indossano scarselle e in alcuni musei internazionali si conservano delle chiusure, che in rari casi hanno ancora il velluto originale. Tra queste tuttavia, le chiusure rinascimentali italiane di qualità elevata sono davvero poche e solo raramente sono dorate (New York, Metropolitan Museum; Cleveland, Museum of Art; Ecouen, Musée National de la Renaissance; Paris, Petit Palais; Vienna, Kunsthistorisches Museum; London, Wallace Collection).

a.New York, Metropolitan Museum
b.Ecouen, Musée de la Renaissance
c.Paris, Petit Palais

Questo piccolo capolavoro mostra una decorazione raffinata e complessa sul fronte: la parte inferiore presenta al centro la figura di Nettuno barbuto e col tridente, reclinato entro una cartella ovale ornata da volute e borchie; Nettuno è affiancato dalle allegorie di due Fiumi, rappresentati come figure maschili poggianti su un orcio; il resto è decorato con intrecci di volute e una coppia di maschere alate. Nella parte superiore, compare un’altra triade di figure con al centro Giove, seduto su un trono e racchiuso in una cartella ovale, a sinistra Marte, in tenuta bellica con elmo e spada, e a destra Vulcano, con le gambe incrociate; tutte le figure, scolpite in bassissimo rilievo, si stagliano su un fondo dorato e sia Marte che Vulcano sono racchiusi da due ricche volute; i lati discendenti sono pure decorati con intrecci e volute. Anche il retro è decorato sulla metà superiore, con dischi sovrapposti, volute, intrecci di elementi geometrici, e reca i piccoli fori che servivano per cucire il velluto del borsellino.

Lo stile e il tipo di lavorazione del ferro sono gli stessi che ritroviamo nelle più belle armature Cinquecentesche realizzate dai celeberrimi armaioli milanesi come i Negroli, Pompeo della Cesa e il Piccinino, che servivano le più importanti famiglie italiane ed europee. Oltre alle armi e alle armature che li resero così celebri, all’interno delle loro botteghe venivano infatti prodotti oggetti diversi di estremo lusso in acciaio o in ferro, come stipi e monetieri, specchi, candelieri, reliquiari, chiusure da borsa, fornimenti da cintura, else per spade, morsi, staffe, selle e fiasche da polvere. Della reale esistenza del leggendario ageminatore Martino Ghinelli non ci sono prove, ma sono documentate due grandi botteghe specializzate: quella di Giovan Battista Panzeri, detto lo Sarabaglia (Milano, circa 1517-1587), geniale allievo di Filippo Negroli, che realizzò oggetti in ferro dorato per Ferdinando Duca d’Aosta, Filippo II di Spagna e i duchi di Mantova; e quella di Giovanni Antonio Polacini detto Romerio o Romé (circa 1527- tra 1595 e 1602). Delle chiusure di borsetta, che possiamo immaginare simili a questa, sono elencate nell’inventario della società fatta da Panzeri e da Marco Antonio Fava, un altro importante artista del ferro (S. Leydi 2016).
Gli armaioli milanesi raggiunsero i più alti livelli nella lavorazione del ferro. Le loro tecniche, come la microscultura, furono usate solo in rarissimi casi anche per oggetti civili, come questa cerniera rinascimentale che è davvero straordinaria: un manufatto ulteriormente impreziosito dalla rara presenza combinata della doratura in foglia e dell’ageminatura (una complessa tecnica di intarsio di fili di metallo prezioso su un fondo metallico scuro). La sorprendente conservazione della doratura costituisce un elemento di ulteriore rarità del pezzo.
L’elevatissima qualità di questo oggetto, la grande difficoltà tecnica necessaria per realizzarlo e il tema mitologico che si riferisce a divinità maschili fa supporre che essa sia stata realizzata per un importante e abbiente personaggio, forse legato al mondo marittimo per privilegi o attività economiche. La ricchezza della decorazione, tipica del tardo manierismo, consente di datare il pezzo tra la metà e il terzo quarto del Cinquecento.

CERNIERA DA BORSELLINO
Ferro forgiato e scolpito, dorato e ageminato in oro
Italia (Milano)
1570 circa
Cm 13 x 12

Riferimenti: La collection Spitzer : Antiquité, Moyen-age, Renaissance, Paris, Maison Quantin 1891, tome 3, p. 47, n° 20; Henri-René d’ Allemagne, Ferronerie ancienne, Catalogue du Musée Le Secq des Tournelles à Rouen, 2 voll. Schemitt, Paris 1924 (trad. americana Decorative antique ironwork, Dover Publ., New York 1968), tav 250; M. Delpierre, Indispensables accessoires, XVIe – XXe siècle, catalogo della mostra (Paris, Musée de la Mode et du Costume, 8 dicembre 1983 – 23 aprile 1984, Palais Galliera), Paris 1983, p. 57, cat. 362-382 ; S. Leydi, Mobili milanesi in acciaio e metalli preziosi nell’età del Manierismo, in Fatto in Italia, dal Medioevo al Made in Italy, catalogo della mostra (Torino, Venaria Reale, 19 marzo – 10 luglio 2016, ed by A.Guerrini), Milano 2016, p. 121-137.

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