Due pregevoli medaglioni siciliani

I due pregevoli medaglioni presentano una cornice costituita da un ricco intreccio di girali in filigrana d’argento, che forma due corone: sul giro esterno vi sono delle rosette costituite da una perlina d’argento piena e una serie di petali in lamina, mentre la corona interna presenta una serie di gemme colorate, sorrette da castoni a notte, a simulare un’alternanza di rubini e smeraldi.
Al centro di ciascun medaglione sono ospitati due raffinati smalti ovali a tema sacro: il primo con la Crocifissione, la Vergine Maria, San Giovanni e la Maddalena e l’altro con Maria Maddalena penitente in un paesaggio, dove sullo sfondo vi è una veduta di città portuale, forse Messina o Palermo.

Questi due monili appartengono a una tipologia di pendenti e medaglioni con smalti dipinti, diffusa in Sicilia tra il Sei e il Settecento, destinati a impreziosire dei rosari, donati come ex-voto, oppure a essere usati singolarmente come pendagli devozionali. Per via della configurazione particolarmente leggera dei due pendenti in esame, si può ipotizzare che questi fossero in origine dei gioielli da statua processionale.
Sono noti numerosi pendenti, assimilabili ai nostri, con figurazioni sacre dipinte a smalto dipinto, quasi sempre su rame: alcuni appartengono tuttora ai tesori di alcune tra le più importanti chiese isolane (ad esempio al Tesoro di San Sebastiano ad Acireale, a quello della Madonna della Lettera del Duomo di Messina e a Trapani tra gli ex-voto della Madonna).

A sinistra: Mario d’Angelo, Busto reliquiario di santa Venera (1654) coperto di ex voto. Acireale, Cattedrale. A destra: G. Bruno, Pendente con vista del porto di Messina. Madrid, Museo Lazaro Galdiano

L’ornato a smalti, dal tratto sottile e pittorico e d’ispirazione spagnoleggiante, caratterizza la maestria dei gioiellieri siciliani, ampiamente documentata già nel XVII secolo.
Fra gli artisti, spicca il nome di Giuseppe Bruno, forse il più abile smaltatore messinese, attivo nella seconda metà del Seicento. Il Bruno è ricordato dal Susinno per la «particolare perizia» nel «lavorare di smalto», tanto che «ebbe occasioni non poche di servire vari Principi». Accanto a lui, sono noti anche altri orafi e artisti dello smalto dipinto, come don Camillo Barbavara o Leonardo Montalbano. Eppure, il mondo dello smalto siciliano è ancora poco studiato e, alla notevole divergenza di stili fra i diversi centri dell’isola, corrisponde una grande varietà di esecuzione della filigrana, un tipo di lavorazione del metallo prezioso documentata parallelamente in area messinese, palermitana e trapanese. Vi erano infatti molteplici botteghe, situate in più aree della Sicilia, dove sicuramente vigeva quella rigida divisione dei compiti -tipica della produzione delle argenterie- fra maestri specializzati in diverse tecniche che lavoravano fianco a fianco.

Seppur è improbabile che questi pendenti siano nati in coppia, tuttavia la straordinaria analogia fra le filigrane e lo stile vicinissimo dei due smalti dipinti fa ritenere che entrambi siano stati realizzati nel medesimo contesto, ovvero nella stessa bottega. Lo stile e la cromia vivace, così come il tipo di fattura e la gamma cromatica ricca di verdi dei nostri raffinati smalti dipinti, la preziosa intelaiatura a filigrana e l’impiego della granulazione per le rosette (tecnica che ritroviamo in alcuni notevoli calici e negli arredi d’argento in miniatura), confermano una datazione dei nostri medaglioni alla fine del XVIII secolo.

DUE MEDAGLIONI DEVOZIONALI
Filigrana d’argento e smalto dipinto su rame
Sicilia
Fine del XVIII secolo
Cm 8,5 x 10h

Riferimenti: M. Accascina, I marchi delle argenterie e oreficerie siciliane, Busto Arsizio 1976, p. 105; C. Guastella, La suppellettile e l’arredo mobile, in Materiali per la conoscenza storica e il restauro di una cattedrale, catalogo della mostra di Cefalù, Palermo 1982, p. 153; M.C. Di Natale, Le vie del’oro: dalla dispersione alla collezione, in Ori e Argenti…1989, p. 41; M.C. Di Natale, Gioielli di Sicilia, Palermo 2000, Cap. VIII, pp. 157-160; S. Grasso, Le filigrane, in Wunderkammer siciliana alle origini del museo perduto, catalogo della mostra a cura di V. Abbate, Napoli 2001, p. 263.

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