Hieronymus Bosch vs. Maestro Lombardo
Fra la fine del XVII e gli inizi del XVIII secolo opera in Lombardia un anonimo e bizzarro pittore noto da diversi decenni agli studiosi con l’affascinante nome di Maestro del Fertilità dell’Uovo. Un artista indubbiamente eccentrico e per certi versi unico in Italia il cui nome si deve alla frequente ma non esclusiva presenza nei suo quadri di uova che si schiudono e le cui tele sono – proprio come quella che qui presentiamo – comunque sempre ben riconoscibili e distinguibili per la singolare bizzarria delle composizioni animate da animali, figure di nani, personaggi deformi e oggetti domestici tipici della cultura padana.
Il tema dominante del Maestro della Fertilità dell’Uovo si riallaccia senza dubbio al filo antichissimo che lega la cultura classica alla pittura dei nani. Nell’antico Egitto Bes, dio nano con gambe storte, grande lingua e viso deformato era associato alla fertilità ed era ritenuto propiziatore di matrimoni e protettore delle gravidanze. E anche a Roma la fertilità della natura era esaltata nei giardini dove regnavano Priapo e Pan, nani, ninfe e menadi, tanto da divenire un tema centrale nella pittura e nella scultura.
Del Maestro della Fertlità dell’Uovo si conosce un numero limitato di opere , in gran parte censite ed identificate in collezioni pubbliche e private e chiunque osservi le sue fantasiose composizioni non può non pensare che in qualche modo il pittore abbia visto o si sia ispirato a quelle di un suo illustre predecessore e cioè l’olandese Hieronymus Bosch.
Bosch è il celeberrimo pittore olandese che vive ed opera tra la fine del Quattrocento e la prima metà del Cinquecento- e cioè due secoli prima del nostro Maestro lombardo- il cui grande valore è sostanzialmente di aver rivoluzionato la rappresentazione dei temi classici del Rinascimento a lui contemporanei, influenzando intere generazioni di artisti di diverse parti d’Europa e di varie epoche successive, già a partire da alcuni pittori ed incisori rinascimentali, sino a correnti artistiche più moderne e contemporanee come ad esempio il Simbolismo dell’Ottocento, l’Espressionismo tedesco e il Surrealismo degli inizi del Novecento.
L’eredità artistica di Hieronymus Bosch è stata certamente molto ampia e diffusa nel nord dell’Europa mentre meno nota è la sua influenza sugli artisti dell’Europa meridionale. È proprio questo il tema di una importante esposizione in corso al Palazzo Reale di Milano, e aperta fino al 12 marzo, una mostra che indaga la specifica influenza dell’arte di Hieronymus Bosch sull’arte italiana e spagnola ove si ha l’opportunità di ammirare alcuni dei suoi capolavori – provenienti da istituzioni museali quali il Prado e il Museo Lázaro Galdiano di Madrid, le Gallerie degli Uffizi, le Gallerie dell’Accademia di Venezia ed il Museu Nacional de arte Antiga di Lisbona – posti a confronto con dipinti, incisioni di artisti dell’Europa meridionale.
Tornando al nostro dipinto lombardo (Scena Grottesca con Gatto Tamburino) lo spirito stravagante ed estremamente estroso della rappresentazione quasi teatrale del dipinto denuncia con evidenza una volontà pittorica affine a quella di Bosch anche se l’universo figurativo di partenza è certamente molto diverso : mentre il grande artista olandese si rifà alle miniature del ‘300 e del ‘400, attingendo ampiamente ai simboli tipici della cultura medievale, il Maestro della Fertilità dell’Uovo propone nelle sue composizioni personaggi, animali e oggetti tipici della cultura norditaliana. Entrambi gli artisti hanno per contro un comune e minuzioso interesse per i dettagli e per le raffigurazioni satiriche dei vizi che li porta a concepire e dipingere immagini forti e potenti seppur dal significato molto spesso sfuggente e misterioso.
Maestro della Fertilità dell’Uovo
(attivo fine XVII – inizio XVIII secolo)
Scena Grottesca con Gatto Tamburino
Olio su tela
Italia, Lombardia
Fine XVII secolo
Cm 91 x 140
AMART 2022: Menzione speciale
Anche quest’anno la Galleria Cesati ha partecipato ad AMART, la mostra d’arte e antiquariato che si è conclusa al Museo della Permanente a Milano alla fine dello scorso mese di ottobre. Lo stand Cesati è stato largamente apprezzato per la sua eleganza e la qualità delle opere esposte, tanto da essere premiato per il suo allestimento da una giuria composta da tre noti professionisti: l’architetto Clara Bona, l’architetto Michele Piva e la giornalista-architetto Laura Ragazzola.

Ph: Fabrizio Stipari
Durante le giornate di allestimento della mostra, la giuria ha selezionato gli stands con la migliore attenzione espositiva ed è rimasta colpita dalla presentazione della Galleria Cesati che ha meritato una menzione speciale “per l’armonia e l’atmosfera di pezzi presenti che insieme creano un mix perfetto (io impazzita per l’albero siciliano in corallo)” come l’architetto Clara Bona ha dichiarato sui suoi canali social.
Secondo la tradizione della Galleria, lo stand era animato da sculture e oggetti d’arte dal quindicesimo al ventesimo secolo, tra cui spiccavano una Testa rinascimentale in pietra di San Paolo, una rara Cassaforte italiana di fine ‘600, una lampada da terra in ferro dorato firmata dal celebre artista della prima metà del Novecento Carlo Rizzarda, e infine il sopra menzionato curiosissimo alberello in corallo con foglie in cristallo di rocca.
Ringraziamo tutti coloro che ci hanno visitato ad AMART e invitiamo chi non ha avuto l’occasione di vedere la mostra a venirci a trovare in galleria in via San Giovanni Sul Muro 3, Milano, dove si potranno ammirare le opere esposte ad AMART 2022 insieme al resto della nostra esclusiva selezione.
Alessandro Cesati alla XXXII edizione di BIAF
Dal 24 Settembre al 2 Ottobre 2022, nella lussuosa cornice di Palazzo Corsini, la XXXII edizione della BIAF – Biennale Internazionale dell’Antiquariato di Firenze aprirà le porte al pubblico.
La fiera più antica e prestigiosa d’Italia riunisce 75 gallerie antiquarie di fama internazionale pronte a sedurre con le loro proposte collezionisti, conoscitori, direttori di musei e curatori provenienti da tutto il mondo.
La galleria Alessandro Cesati parteciperà con un’accurata selezione di importanti sculture e rari oggetti d’arte, presentata nello stand 44, al pian terreno.
Tra le opere di maggiore importanza spiccherà una carismatica Testa virile a bassorilievo, recentemente riscoperto dagli studi, di mano di Giovanni di Balduccio da Pisa, che lo scolpisce nel marmo di Candoglia durante il suo periodo milanese intorno al 1330-1350.
La galleria presenterà anche una rara e affascinante scultura policromata raffigurante l’Arcangelo Michele, attribuita al Maestro della Cattedrale di Spoleto: una significativa testimonianza della più raffinata scultura tardogotica centroitaliana.
Oltre ad altre sculture, fra le quali i visitatori ammireranno esempi del medioevo pugliese, del Rinascimento lombardo e di quello francese, nello stand si potranno ammirare anche alcuni preziosi oggetti da collezione, come un raro Libretto Reliquiario in rame dorato e alcuni ricercati oggetti in ferro, testimoni dell’antica tradizione della Galleria: particolarmente affascinante risulta una spettacolare Croce astile cinquecentesca, che costituisce un perfetto esempio dell’inconfondibile talento degli artisti del ferro spagnoli.
Vi aspettiamo alla BIAF!
Stand 44
Biennale Internazionale dell’Antiquariato di Firenze
Palazzo Corsini
24 Settembre – 2 Ottobre 2022
Per maggiori informazioni: biaf.it
Tefaf Maastricht 2022: di nuovo in presenza!
L’appuntamento olandese torna finalmente in presenza! La Galleria Alessandro Cesati partecipa alla prossima edizione di questa imperdibile Fiera d’Arte Internazionale (25-30 Giugno 2022) con una raffinata selezione di importanti Sculture e Oggetti d’Arte, presentata in uno stand diviso in due ambienti: la prima stanza sarà dedicata al XVII e al XVIII secolo, mentre la seconda al Medioevo e Rinascimento e a rari oggetti da collezione.
Al centro dello stand campeggerà una raffinata scultura in marmo del bolognese Giuseppe Maria Mazza raffigurante Davide con la Testa di Golia. Inoltre, i visitatori ammireranno un importante Ercole e il Leone Nemeo in bronzo del Seicento, una rara Coppia di grandi rilievi in cera policroma, ancora nelle loro teche originali, e uno spettacolare Forziere Capo d’Opera.
Tra gli oggetti da collezione, la Galleria presenterà un minuto e prezioso Carnet de Poche, realizzato in Francia nel XVII secolo: un capolavoro unico nel suo genere, oltre a una rara ed affascinante coppia di grandi Picchiotti bolognesi, rococò, in bronzo dorato.
Vi aspettiamo A Maastricht!
TEFAF Maastricht – Stand 144
MECC, Maastricht, 25-30 Giugno
Per maggiori informazioni, visitate tefaf.com
Una raffinata bilancia da orafo
Questo raro ed elegantissimo strumento di misura si distingue per la sua estrema raffinatezza: una bilancia di precisione con forbice in acciaio modanato e giogo in acciaio a bracci uguali, con terminali a collo di cigno; al giogo sono appesi tramite sospensioni a staffa in lamina d’argento due piccoli piattini circolari in argento sbalzato; un’elegante piastra a copertura della forbice realizzata in ottone finemente traforato, inciso e dorato, dall’elegante disegno rococò, incornicia una mostra circolare che evidenzia il finissimo indice ad ago, in acciaio.
La bilancia di precisione (Ted: Probierwaage, Ing: precision scale) è uno specifico tipo di strumento, particolarmente sensibile, utilizzato per saggiare piccole quantità di argento o di oro, col complesso metodo detto della ‘coppellazione’. Questo metodo si basa su due pesate consecutive e correlate, per cui l’attendibilità dell’esito dipende dall’accuratezza della pesata e quindi, in ultima istanza, dalla precisione della bilancia.

A sinistra: Wenzel Jamnitzer, Bilancia da orafo (XVI secolo), Stoccarda, Landesmuseum Württemberg. A destra: J. W. Meil “Die Waagen: Probierwaage, Goldwaage, gemeine Waage und Schnellwaage”, incisione tratta da “Spectaculum Naturae et Artium” (1761).
L’esemplare più antico di bilancia a bracci uguali a noi pervenuto è stato rinvenuto nel sito di Naqada nell’Alto Egitto e risale all’età Neolitica, e cioè a circa 7000 anni fa. L’esigenza di saggiare i metalli preziosi ha origine con l’uso della moneta, per contrastare il fenomeno della falsificazione. Nel Medioevo compaiono le prime norme corporative che regolano la qualità del metallo e la prassi della saggiatura e dell’apposizione del punzone. Per effettuare questa operazione su gioielli o altri oggetti in argento o in oro, già dalla prima metà del Cinquecento si usano bilance di precisione simili alla nostra. Questi strumenti si vanno raffinando nei secoli, di pari passo con il progresso della scienza e della tecnica, sino all’invenzione, da parte di Giacinto Magellano intorno al 1780, di un nuovo tipo di bilancia di precisione con caratteristiche tecniche e formali più articolate.
Nel Settecento la bilancia di precisione da orafo e quella da cambiavalute sono già ben distinte e specializzate: il nostro esemplare appartiene certamente alla prima categoria. Data l’alta sensibilità alle sollecitazioni di questi strumenti (anche le particelle di polvere sui piatti di pesatura possono fare la differenza), i piatti di pesatura venivano sospesi al giogo tramite staffe di metallo, come nel nostro caso, oppure addirittura con crine di cavallo o fili di platino. Raramente questi elementi si sono preservati nel tempo: la maggior parte delle bilance da orafo di livello museale presentano sospensioni in filo di lino, cotone o lana. Inoltre, per garantire la precisione dell’operazione, la pesata avveniva all’interno di vetrinette, per evitare che eventuali correnti d’aria, variazioni nell’umidità e nella temperatura potessero condizionare il risultato.
Sul piano stilistico questa bilancia è databile al secondo quarto del XVIII secolo, come si evince anche dal ricercato disegno asimmetrico della piastra, che richiama i vertici della decorazione europea dell’epoca di Luigi XV.
La notevole raffinatezza delle incisioni e del traforo che caratterizzano la piastra in ottone dorato, induce a ritenere che essa possa essere stata realizzata da un finissimo orafo di corte: lo stile e gli elementi che compongono il decoro sono del tutto comparabili con i più elevati esiti dell’oreficeria, dell’ebanisteria, della bronzistica e delle quadrature del tempo.

Bilancia di precisione, Freiberg, 1725-1750, Lipsia, Stadtgeschichtliches Museum (intero e dettaglio).
Sia dal punto di vista tecnico che formale l’esemplare in esame trova delle corrispondenze dirette con altre bilance prodotte in area sassone tra Dresda, Lipsia o Freiberg, città quest’ultima ove è documentata nei secoli un’intensa attività di estrazione dell’argento. Una bilancia molto simile a quella qui presentata, ma meno articolata nella piastra, è conservata a Lipsia, mentre un altro esempio appartiene alle collezioni del Landesmuseum Württemberg di Stoccarda.
Bilancia di precisione da orafo
Ottone traforato, inciso e dorato; acciaio; argento trafilato e sbalzato
Sassonia (Germania)
1740-50
Cm 21,5 x 37h.
Un importante Cassone italiano del Rinascimento
Questo eccezionale cassone, realizzato unendo spesse tavole di noce tramite raffinati incastri a coda di rondine, rappresenta la perfetta combinazione di sicurezza ed eleganza. La superficie esterna è riccamente ornata sul fronte da una serie di cinque manigliette decorative in ferro – ciascuna dotata di una fine piastra di fondo a losanga, traforata e incisa – e da un’elegante serratura centrale à moraillon che si dirama in quattro bandelle con terminali quadrangolari traforati; la serratura, in ferro forgiato, finemente inciso e traforato, viene aperta da una prima chiave che libera il moraillon, svelando l’accesso ad un’altra serratura interna comandata da una seconda chiave. Entrambe le chiavi presentano la classica impugnatura ‘a rosone’ di tipo veneziano.
Ai lati del mobile sono fissate due grandi maniglie per il trasporto, in ferro forgiato e inciso, anch’esse dotate di analoghe piastre di fondo traforate.
Il grande coperchio piano è provvisto alle estremità di due travetti antieffrazione, terminanti anteriormente in una protome leonina scolpita; la superficie interna è decorata con un ricco intarsio di legni diversi a nodi geometrici, di gusto orientaleggiante, affini ai motivi presenti sui tessuti coevi, ben documentati nei dipinti; il coperchio è raccordato al corpo della cassa tramite grandi cerniere in ferro, anch’esse impreziosite dal traforo, dall’incisione e dallo sbalzo.
Le ferramenta interne ed esterne sono tutte collocate sopra un tessuto a contrasto, secondo una tradizione d’ispirazione ispano-moresca documentata nel mobile veneziano già intorno alla metà del Quattrocento.
L’interno del cassone è dotato su tre lati di cassettiere con coperchio a ribalta. A sinistra, il coperchio nasconde un vano, con finti cassetti sul fianco, dotato di una serratura comandata da un’ulteriore chiave con impugnatura ‘a rosone’; sul lato lungo e su quello destro sono disposte cassettiere a 8 e 4 cassetti con fronte intarsiato e piccoli pomelli torniti in osso.
I cassoni-forziere di questa tipologia sono tra le punte di diamante della storia del mobile tardogotico dell’Italia Settentrionale e sono ben documentati in area lombardo-veneta: negli inventari cinquecenteschi erano descritti come Casse alla veneziana. Realizzati da maestri attivi tra la metà del Quattrocento e gli inizi del secolo successivo, questi mobili sono tipicamente dotati di raffinate e particolarissime applicazioni in ferro, con ogni probabilità eseguite in area alto-veneta; gli esempi più prestigiosi sono ulteriormente impreziositi da accurati intarsi ‘alla certosina’ che ne ornano le superfici interne, rendendoli emblematici testimoni della più elevata ebanisteria del tempo.
Questo importante e sofisticato modello di cassone era peraltro realizzato in vari formati: dai piccoli contenitori larghi poche decine di centimetri fino a quelli monumentali, come quello qui presentato, che si distingue per la particolare ricchezza della decorazione intarsiata, per le numerose e raffinate applicazioni in ferro, oltre che per il suo ottimo stato di conservazione.

A sinistra, Cassone (Londra, Victoria and Albert Museum); a destra, Cassone (Milano, Castello Sforzesco).
I cassoni-forziere così elaborati erano lussuosi arredi di alta rappresentanza, atti a denotare il prestigio di importanti e ricche famiglie che in genere li commissionavano per esibirli nell’ambiente principale della propria dimora. Vari esempi consimili sono conservati in ambito museale (Castello Sforzesco di Milano; Galleria del Mobile di Palazzo Madama a Torino; Castello di Monselice – Collezione Cini; Palazzo di Ezzelino di Padova; Victoria and Albert Museum di Londra) mentre altri sono ancor oggi custoditi e tramandati da alcune famiglie nobili italiane.
CASSONE-FORZIERE
Legno di noce con intarsi in legni vari; ferro forgiato, traforato, sbalzato e inciso.
Italia Settentrionale
Inizi del XVI secolo
Cm 148 x 64 x 65 h
Provenienza: Italia, famiglia aristocratica.
Riferimenti: C. Alberici, Il mobile lombardo, Milano, 1969, p. 34; E. Colle, Museo d’Arti Applicate. Mobili e intagli lignei, Milano 1996, pp. 155-157 n. 212; AA.VV., Oltre la Porta. Serrature, chiavi e forzieri dalla preistoria all’età moderna nelle Alpi orientali, catalogo della mostra di Trento, 1996, p. 192, n. 99.